mercoledì 4 luglio 2018

Il Signore Risponde: quando un'azione è definita come atto d'amore?

[Viene affissa una nuova pergamena nella bacheca targata "Il Signore Risponde" in inchiostro dorato. Sono più fogli in carta bibbia, la lavorazione è realizzata in parte dall'Ordine dei Depositari sotto il controllo dei Monaci affinchè non si possa utilizzare oggetti realizzati con pratiche blasfeme, per non rischiare di essere vittimi di maleficio. La calligrafia è di Sua Eccellenza, dallo stile piuttosto gotico ma leggibile a chiare lettere, un pò grottesco quasi]

All'attenzione dei Fedeli della Diocesi di Laddington

Le lettere che ricevo in sacrestia sono tante, tuttavia, le risposte che offro sono ispirate dal Signore che ha scelto questa lettera, rispetto alle altre, a cui rispondere.
Non ci è dato sapere il motivo, ne dubitare di come il Signore dia priorità, c'è un disegno di Dio che a noi è sconosciuto e sa esattamente quand'è il momento opportuno per rispondere.
Sappiate che il Signore è sempre con voi, nel tempo, avrà modo di poter rispondere anche alle altre.
Abbiate fede.

Qualora ci siano nuove missive, spedire in forma anonima presso la Cattedra di San Michele dell'Angelus Cathedral e verranno pubblicate qui assieme alle risposte ricevute dal Signore, sempre presente in mezzo a noi.

Affinchè possiate avere la benedizione Sacra del Bambin Gesù, la massima protezione dal male, l'offerta è di un 1 ducato da lasciare assieme alle missive.

Questa è una risposta ad una lettera giunta molto tempo orsono e veniva chiesto:

Caro Gesù
Ho un piccolo tarlo che non riesco a scacciare: dato che a causa dell'ignoranza morale (di cui tutti, chi più chi meno, se n'è reso conto) ciascuno sta vivendo il bene/male in modo soggettivo.
Come si può dimostrare oggettivamente che un atto compiuto è stato un atto di bene piuttosto che no?

Provo a spiegarmi: a causa delle ferite dell'anima che ci siamo provocati, può perfino accadere che qualcuno percepisca una carezza ricevuta come invece fosse uno schiaffo, quindi si lamenti di non aver ricevuto un atto di amore
In realtà, lo ha ricevuto solo lo ha vissuto e sentito in modo distorto.

Il "sentito" dell'altro non può essere un criterio valido per dimostrare l'amore/non amore di un mio atto.
Il "non mi fai stare bene" espresso dall'altro non può essere il metro di misura certo dell'amore che io ho messo nel mio agire verso l'altro.
L'altro potrebbe non sentirsi amato solo perchè non viene accontentato in pretese irragionevoli che però ritiene invece sinonimo di amore e di servizio.

Quindi mi chiedo: Qual è la condizione che un atto deve soddisfare perchè possa dirsi oggettivamente che è un atto di amore, giusto e buono, al di là di come esso verrà sentito/vissuto dall'altro?
Qual è il criterio oggettivo attraverso il quale poter affermare: il mio comportamento verso di te è stato un comportamento d'amore / non lo è stato?

Grazie per tutto quello che fa e veglia su mia nonna, sta affrontando un brutto periodo.

Caro Figliolo
Mi rammarico che non ho potuto rispondervi prima, posso tuttavia rassicurarvi che vostra nonna è molto felice e serena, ora che è salita in cielo e siede accanto a me.

1. Un atto di amore è buono e giusto non solo in sé ma anche quando vengono rispettate tutte le singole circostanze morali.

2. Secondo una catalogazione antichissima, che risale a Cicerone (Retorica, 1), le circostanze morali sono sette.
Eccole in latino: quis, quid, ubi, quibus auxiliis, cur, quomodo, quando.
- chi (quis): è il soggetto dell’azione.
- che cosa (quid): che cosa si fa. Ad esempio si tratta di schiaffeggiarlo per correggere un atto peccaminoso oppure di altra cosa.
- dove (ubi): indica il luogo, se sia pubblico, privato, sacro...
- con quali mezzi (quibus auxiliis): si allude ai mezzi coi quali si compie l’azione, se leciti o meno. Ad esempio si soccorre il prossimo con beni di proprietà altrui.
- perché (cur): si riferisce alla motivazione per cui uno compie una determinata azione. È l’intenzione dell’agente.
- come (quomodo): si riferisce al modo in cui si è compiuta un’azione: se istintivamente, impetuosamente o per calcolo;
- quando (quando): indica la circostanza di tempo (ad es. per i giorni di penitenza, di festa,...) o anche la durata.

3. Molte delle nostre azioni in astratto sono moralmente indifferenti (come ad esempio il camminare, l’aprire una finestra…).
Nessuna azione, invece, in concreto è indifferente.
Se non altro viene specificata come buona o cattiva dalle circostanze.
San Tommaso dice che “nessuna azione di un individo è indifferente”.

4. Può succedere allora che un’azione di per sé oggettivamente indifferente (come una giostra) riceva dalle circostanze una qualifica morale a seconda che sia praticato in maniera ragionevole o sconsiderata, oppure che un’azione buona quanto all’oggetto possa diventare cattiva in base alle circostanze, come quando per darsi a speciali pratiche religiose si trascura il proprio dovere.

5. In ogni caso va tenuto presente che le azioni umane devono essere rette non solo in ordine al loro obiettivo intrinseco e all’intenzione, ma anche nelle conseguenze a lungo termine.
È sufficiente che una sola di esse sia difettosa per rendere meno buona, o addirittura cattiva, un’azione.
Di qui il detto degli antichi: : perché un’azione sia buona deve essere buona nelle conseguenze a lungo termine.

Con questi criteri generali puoi valutare anche il caso singolo che mi hai presentato.

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.

***
Il Signore ha parlato ed ha accettato il ducato offerto e vi ha benedetto Figliolo.

Sua Eccellenza
Franciscus Abraham di York
Ispirato dal Signore

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